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- 8 Settembre 2020
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Di cosa si occupa la psicoterapia? Si prende cura della fragilità umana
Un’etica della cura è indispensabile per abitare umanamente la fragilità del mondo
Luciano Manicardi
La fragilità come domanda di psicoterapia
La fragilità è la dimensione costitutiva dell’umano. Dimensione che interpella e chiede risposte. Non la fragilità è il problema, ma le risposte che ad essa si possono dare.
Fragile: ciò che si può spezzare
Fragile è ciò che si può spezzare, in modo improvviso o a seguito di un lento processo di usura, di erosione, per ragioni esterne o interne. Ciò o colui che è fragile si può anche spezzare da se stesso e non per i colpi che vengono dal di fuori.
Le forme della fragilità’
“Fragilità”, in italiano, è nome invariabile: uguale al singolare e al plurale. La fragilità come condizione, come dimensione costitutiva dell’umano, si specifica in una miriade di fragilità che hanno nomi diversi (senza calcolare che nella vita di una persona umana, vi sono periodi e momenti di maggiore fragilità).
Fragilità psicologiche e fisiche, handicap e menomazioni, fragilità morali, etiche ed intellettuali, ma poi fragilità inerenti alle diverse età della vita: la fragilità assoluta del neonato e del bambino che vive solo grazie alle cure di altri; la fragilità dell’adolescente nel confronto a volte drammatico con il proprio corpo e la scoperta della sessualità, nelle difficoltà di un impegnativo incontro con gli altri per cominciare a conoscersi e a entrare nell’arte della relazione; la fragilità dell’adulto assumendo la capacità di lavorare in modo efficace e di amare in modo maturo, di tenere il timone della propria esistenza reggendo i colpi e le contraddizioni della vita; la fragilità infine dell’anziano con la diminuzione di forza e di capacità di cui è portatrice la vecchiaia e che oggi si deve misurare con un allungamento che la rende sempre più faticosa, pesante, se non penosa. E possiamo anche aggiungere le fragilità sociali: le difficoltà a trovare lavoro e il dramma di perderlo, il precariato, le difficoltà economiche,così come le difficoltà globali da cui l’uomo comune si sente minacciato.
Fragilità e umanità
Dipendenza, carenza, sofferenza (ma dovremmo mettere al plurale questi termini), sono dimensioni dell’umana fragilità. La fragilità originaria dell’umano è inscritta nel suo stesso corpo. L’uomo è l’essere che viene al mondo più incompiutamente e deve pertanto provvedere con istituzioni e cultura (famiglia, società, scuola, educazione, diritti, ecc..) a costruirsi un mondo abitabile, un mondo che sia a misura della sua fragilità. Nascita e morte sono i due poli della fragilità che racchiudono in sé la vita umana. Tanto il neonato quanto il morente sono affidati alle cure di altri; tanto il neonato quanto il morente devono essere vestiti da altri, mentre nel tempo tra nascita e morte l’uomo si veste da sé. Nascita e morte istituiscono l’uomo ponendolo nell’orizzonte della fragilità. La nascita è segnata da una dipendenza, da una passività originaria che si raggiunge nuovamente nel morire. Con la nascita, la fragilità si colora delle tinte originarie della perdita, della rottura, del distacco, della separazione del taglio corporeo dalla madre. Da allora in poi la vita sarà un processo di distacchi che consentiranno nuovi attaccamenti.
Per un’etica della fragilità
Se la fragilità è l cuore di un’umanizzazione dell’uomo e della donna, essa può suscitare atteggiamenti per giungere a un’etica della fragilità. Da un lato, il riconoscimento della fragilità che ci abita e che ci consente di accogliere anche la fragilità che abita negli altri, e, dall’altro, la cura delle persone ferite dalle fratture che la fragilità provoca. E’ questo il potenziale umanizzante insito nella fragilità, il quale suppone che essa susciti la responsabilità e anche la cura.