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- 14 Giugno 2019
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Fare scienza in psicologia e in psicoterapia: l’epistemologia evoluzionistica
“La vita è un processo che cerca conoscenza. Vivere è imparare”.
Korand Lorenz
Per epistemologia evoluzionistica si intende, in prima istanza, una epistemologia che consideri l’essere umano come un prodotto della evoluzione biologica e culturale. In particolare, essa deve risultare compatibile con le teorie scientifiche forniteci intorno a questa evoluzione dalla biologia e dall’antropologia contemporanea. Non può cioè prescindere dalla visione del mondo generata da queste due scienze e appellarsi a ipotetiche caratteristiche immutabili del corpo e della mente umani.
In seconda istanza, una epistemologia evoluzionistica tende a stabilire una continuità tra evoluzione biologica ed evoluzione culturale, sia nel senso che la seconda viene vista come prolungamento della prima, sia nel senso che la prima viene vista come una anticipazione della seconda.
La caratteristica di questo approccio epistemologico è, infatti, l’ipotesi che l’evoluzione biologica rappresenti di per sé un processo conoscitivo, indipendentemente dalla comparsa degli esseri umani e che i progressi conoscitivi degli esseri umani avvengano grazie a processi analoghi, se non identici, a quelli che l’evoluzionismo darwiniano ha introdotto per spiegare l’origine di tutte le specie viventi (homo sapiens compreso) a partire da uno o pochi organismi primordiali molto semplici.
L’epistemologia evoluzionistica, in sostanza, afferma la derivazione delle nostre capacità conoscitive della realtà, dal processo evolutivo della specie. A-priori se considerate ora innate nel singolo individuo, ma a-posteriori quale prodotto divenuto nel corso dell’evoluzione filogenetica della specie interagente con l’ambiente.
Konrad Lorenz, tra i principali sostenitori di questo approccio epistemologico, era convinto che le prestazioni della conoscenza umana debbano essere analizzate alla stessa stregua di altre capacità dell’uomo sviluppatesi nel corso della filogenesi in funzione della conservazione della specie: «…cioè di un sistema reale, formatosi in seguito ad un processo naturale, che si trova in un rapporto interattivo con un altrettanto reale mondo circostante.» Quindi, «Una ricerca che parta da queste premesse non può esimersi dal perseguire due scopi simultaneamente. Essa deve porsi il compito di formulare una gnoseologia fondata sulla conoscenza dei meccanismi biologici e filogenetici dell’uomo e, contemporaneamente, di delineare un’immagine dell’uomo corrispondente appunto ad una tale gnoseologia.» Perché «tutto ciò che noi sappiamo sul mondo reale deriva da meccanismi di informazione di origine filogenetica,…»
Forse il suo più grande contributo all’epistemologia evoluzionista ed al sapere umano in generale, fu d’aver scoperto, con i suoi studi etologici, la derivazione delle nostre categorie mentali, da lui chiamate apparati immagine del mondo, dall’evoluzione filogenetica della specie interagente con l’ambiente.
Dette categorie sono innate (e perciò a-priori) nel singolo individuo, ma a-posteriori se considerate nella loro evoluzione filogenetica, che le portò ad essere quello che in noi sono ora: «… qualcosa che sta agli elementi della realtà extrasoggettiva come lo zoccolo d’un cavallo sta alla steppa o la pinna d’un pesce all’acqua.» Prodotti cioè d’un processo evolutivo naturale, d’un sistema che si trova in un rapporto interattivo col mondo circostante e da cui ora originano, quando sottoposte ad uno stimolo sensoriale, le nostre idee sul mondo circostante.
Konrad Lorenz, etologo e premio Nobel per la medicina, dedica all’epistemologia evoluzionistica un’opera fondamentale, Die andere Seite des Spiegels (1977) il cui scopo di fondo è quello di tentare una riconciliazione fra scienze umane e scienze naturali al fine di apprestare un’adeguata terapia per una civiltà che Lorenz era convinto fosse profondamente malata. Secondo Lorenz il sempre miglior adattamento degli organismi all’ambiente è interpretabile come un processo di crescita di informazione sull’ambiente e tale processo viene definito, in modo analogico, “sapere”.
In questa direzione tracciata dall’Autore, si sono mosse le recenti ricerche neuroscientifiche, con l’obiettivo di spiegare il cervello e la mente in termini biologico-evolutivi. Come chiaramente afferma Edelman: partendo dal presupposto che gli esseri che sembrano possedere una mente sono gli organismi biologici (animali soprattutto) è perciò naturale ipotizzare che sia un particolare tipo di organizzazione biologica a dare origine ai processi mentali. Quindi è ovvio che […] per approfondire l’argomento in modo scientifico, bisogna rivolgersi all’organizzazione del cervello. Dopo Darwin, di fronte ad organizzazioni biologiche di tipo particolare, i biologi sono portati in maniera quasi automatica a chiedersi in qual modo l’evoluzione abbia potuto dar loro origine. Il cervello e la mente non fanno eccezione; perciò vorremmo anche sapere qualcosa del modo in cui, nel corso dell’evoluzione, emersero le strutture cerebrali alla base della mente.