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Home › Blog › La dignità’ una volta persa non torna più
  • Pensieri psicoterapeutici
  • da interattivamente
  • 12 Febbraio 2019
  • 4 Comments

La dignità’ una volta persa non torna più

” Ho vissuto la mia vita come un lupo degno, ho cacciato molto e ho diviso con i miei fratelli tante prede, cosi’ adesso sto morendo felice. Invece tu vivrai la tua vita nella vergogna, da solo, in un mondo a cui non appartieni, perche’ hai rifiutato la dignità’ di lupo libero per per avere la pancia piena. Sei diventato indegno. Ovunque andrai, tutti ti tratteranno con disprezzo, non appartieni ne’ al mondo dei lupi ne’ a quello degli uomini….. Cosi’ capirai che la fame viene e passa, ma la dignità’ una volta persa non torna più’ “. (Da Educazione Siberiana di N. Lilin)

 
 


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interattivamente

Il Centro di Psicologia Giuridica – Sessuologia Clinica – Psicoterapia di Padova, nasce dalla collaborazione di un gruppo di Psicologi e Psicoterapeuti, che operano a Padova,

4 Comments

  • Emanuele

    28 Agosto 2021 - 00:59

    Vorrei capire perché la dignità una volta persa non torna più

    Reply to comment
  • interattivamente

    28 Agosto 2021 - 15:47

    Gentilissimo Emanuele, la dignità comporta, implica, vivere con Virtù la propria vita, in modo tale da poterla scegliere. Le riporto la definizione:

    dignità s. f. [dal lat. dignĭtas -atis, der. di dignus “degno”]. – 1. a. [nobiltà morale dell’uomo: difendere la propria d.] ≈ amor proprio, decoro, distinzione, (non com.) elevatezza, onore, reputazione, rispettabilità. ↑ orgoglio. ↔ indegnità. b. (estens.) [rispettabilità di istituzioni e luoghi: offendere la d. dei luoghi di culto] ≈ decoro, reputazione, rispettabilità. c. [aspetto improntato a grave e composta nobiltà: la d. di un volto] ≈ austerità, severità. ↑ fierezza.

    Stando quindi ai significati del termine, risulta conseguenziale che nell’attimo stesso in cui si cessa di vivere secondo virtù la propria vita, viene a mancare in automatico la stessa dignità dell’esistenza. Gli spartani, riporta Plutarco, avevano uno specifico modo di dire:
    ‘Η ταν ή επί τας, in latino “aut cum scuto aut in scuto”, cioè o con lo scudo o sullo scudo per significare che il guerriero spartano doveva tornare avendo combattuto (con lo scudo) o fare ritorno sul suo scudo (ucciso in battaglia) per indicare che non era fuggito davati al nemico, macchiandosi di viltà. Altro esempio, sempre riportato da plutarco, riguarda la vicenda del filosofo Zenone, il quale tentò di uccidere il tiranno Demilo e, avendo fallito, per non rivelare l’identità dei suoi complici, “con i suoi stessi denti si strappò la lingua e la sputò in faccia al tiranno”.
    Vivere dignitosamente, insomma, vuol dire vivere con senso etico, avendo il coraggio di essere chi si è. Perdere la dignità, pertanto, implica negare sè stessi e una volta che si è negato il proprio valore, esso non può esserci restituito, perchè la vita non è un valore, ma una condizione dove il valore può essere vissuto.

    Reply to comment
  • Elena Liguori

    5 Aprile 2024 - 14:07

    Mi domandavo , ma gli altri possono togliere dignità ad un altro essere umano, possono cioè sottovalutarlo o addirittura denigrarlo. Come psicologa spesso me lo domando.

    Reply to comment
    • interattivamente

      5 Aprile 2024 - 14:11

      Posso permettermi di suggerire la lettura del libro del Prof. Adriano Zamperini Prigioni della Mente?

      Il libro

      La ragazza americana con l’iracheno al guinzaglio. Un’immagine simbolo degli orrori della guerra. Due esseri umani travolti dalla violenza della storia e consegnati alla memoria collettiva. Una nel ruolo biasimevole di aguzzino. L’altro in quello compassionevole di vittima. Entrambi messaggeri di emozioni e cognizioni che vorremmo poter respingere lontano, confinandole in un altrove spazio-temporale.
      Partendo da questa vicenda emblematica, il libro di Adriano Zamperini, con lo sguardo dello psicologo sociale, conduce il lettore là dove piú stringenti sorgono gli interrogativi. Dentro tre prigioni. Guantanamo, lembo di terra cubana. Stanford, seminterrato del dipartimento di psicologia. Londra, studi della Bbc. La prima, tragicamente reale. La seconda, una simulazione sperimentale degenerata in dramma. La terza, un’architettura carceraria stile Grande Fratello. Luoghi diversi eppure accomunati dalla medesima condizione: il loro essere siti dell’oppressione e della resistenza. Che cosa accade a persone comuni quando agiscono in situazioni estreme? Qual è il comportamento esibito da chi veste i panni di guardia e da chi assume il ruolo di prigioniero?
      L’analisi delle relazioni che si instaurano tra le parti segregate in questi luoghi diventa materia indispensabile per comprendere la condotta umana. E per una presa di coscienza dei nuovi volti assunti dal male, anche e soprattutto all’interno delle società democratiche. Fornendo al contempo le coordinate per smascherare quei discorsi e quelle pratiche che pretendono di imprigionare le nostre menti dentro una realtà onnivora e univoca.

      Reply to comment

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