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- 11 Dicembre 2024
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L’Anestesia dell’Esistenza e la Crisi della Vita Interiore
L’Anestesia dell’Esistenza e la Crisi della Vita Interiore
Negli ultimi decenni, una buona parte dell’umanità occidentale ha abbracciato l’idea che l’esistenza sia priva di significato intrinseco e non debba essere ordinata a nessun principio superiore. Questa prospettiva, radicata in una visione immanente e disincantata del mondo, ha portato a una ristrutturazione del vivere, in cui il perseguimento di un’esistenza “sopportabile” o “piacevole” diventa l’unico scopo. Tuttavia, questo adattamento ha generato una serie di conseguenze devastanti per la vita interiore dell’individuo e per la tenuta complessiva delle società.
La Crisi del Significato
La progressiva dissoluzione di valori trascendenti ha prodotto una vita interiore sempre più informe, labile e sfuggente. Il carattere umano, inteso come espressione di solidità morale, coerenza e integrità, appare compromesso. Senza un principio superiore cui orientare la propria esistenza, l’individuo diventa privo di radici, esposto a un relativismo che svuota di senso le sue azioni e decisioni.
Questo fenomeno non è nuovo, ma trova le sue radici nelle trasformazioni della modernità. Filosofi come Nietzsche avevano già previsto l’avvento del nichilismo, un’epoca in cui “Dio è morto” e l’umanità avrebbe dovuto affrontare il vuoto lasciato da questa perdita. Il nichilismo passivo descritto da Nietzsche si manifesta nella nostra epoca attraverso la ricerca di compensazioni superficiali e la fuga dal confronto con il senso profondo dell’esistenza.
Anestetici e Compensazioni
Il “regime di compensazioni e anestetici” che caratterizza la vita contemporanea si manifesta in molti modi: dal consumismo compulsivo al ricorso eccessivo alla tecnologia, dalla dipendenza dalle emozioni effimere all’inseguimento di status e riconoscimento sociale. Questi strumenti, pur offrendo un sollievo temporaneo, agiscono come veri e propri narcotici, impedendo alle persone di confrontarsi con le domande fondamentali sull’essere e sul vivere.
Ciò che rende particolarmente insidioso questo regime è il fatto che esso non viene percepito come tale. La cultura dominante lo presenta come normale, se non desiderabile, mascherando la profonda alienazione che lo sostiene. L’individuo anestetizzato non è consapevole del vuoto che lo abita; al contrario, si illude di vivere una vita piena e appagante.
La Perdita del Carattere
La mancanza di un principio superiore non si limita a svuotare la vita di significato, ma dissolve anche la capacità dell’individuo di formare un carattere solido. La drittura, ovvero la rettitudine morale e spirituale, si perde quando non vi è nulla che orienti la persona verso il superamento di sé. Al suo posto emerge una frammentazione identitaria, un’individualità fluttuante e condizionabile.
Questa perdita non è solo un problema personale ma ha ripercussioni sociali. Società composte da individui privi di radici interiori tendono a essere fragili, vulnerabili a derive autoritarie o a una paralisi dell’azione collettiva.
Riscoprire il Principio Ordinatore
Per affrontare questa crisi, è necessario riscoprire un principio ordinatore che restituisca dignità e spessore alla vita interiore. Questo non implica necessariamente un ritorno a paradigmi religiosi tradizionali, ma richiede una riflessione profonda sull’essere umano e sulla sua relazione con il trascendente.
Una risposta può venire dalla filosofia esistenziale, che invita a confrontarsi con le domande ultime sul senso della vita, oppure dalla riscoperta della Tradizione, intesa come patrimonio culturale e spirituale che supera il mero materialismo. Al centro di questa riscoperta deve esserci la capacità di accettare la sofferenza e il limite come elementi fondamentali della condizione umana, anziché fuggirli attraverso anestetici e compensazioni.
Conclusione
La crisi del significato e la perdita di una vita interiore autentica rappresentano una delle sfide più urgenti del nostro tempo. Superare questa condizione richiede un risveglio della coscienza individuale e collettiva, un ritorno a ciò che rende l’essere umano veramente tale: la capacità di interrogarsi sul proprio scopo e di orientarsi verso ciò che è superiore.
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Bibliografia di Riferimento
- Nietzsche, Friedrich. Così parlò Zarathustra. Adelphi, 2005.
- Guénon, René. La crisi del mondo moderno. Adelphi, 1990.
- Bauman, Zygmunt. Vite di scarto. Laterza, 2005.
- Lipovetsky, Gilles. L’era del vuoto: saggi sull’individualismo contemporaneo. Anabasi, 1989.
- Jung, Carl Gustav. L’uomo e i suoi simboli. Rizzoli, 1983.
- Scruton, Roger. L’anima del mondo. Vita e Pensiero, 2013.
- Taylor, Charles. L’età secolare. Feltrinelli, 2009.
- Eliade, Mircea. Il sacro e il profano. Bollati Boringhieri, 2010.
- Heidegger, Martin. Essere e tempo. Longanesi, 1976.
- Han, Byung-Chul. La società della stanchezza. Nottetempo, 2012.