I reietti della città – Loic Wacquant

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Ghetto negli Stati Uniti, banlieue in Francia, quartieri periferici (o degradati) in Italia, problemområde in Svezia, favela in Brasile e villa miseria
in Argentina: le società del Nord America, dell’Europa occidentale e dell’America del Sud hanno tutte a disposizione nel loro lessico topografico
un termine speciale per designare i quartieri stigmatizzati, situati nella parte inferiore del sistema gerarchico di luoghi che compone la metropoli. È in questi distretti ammantati da un’aura sulfurea in cui i problemi sociali si concentrano e si aggravano, che risiedono i paria urbani di fine secolo, e questo attira su di loro un’attenzione sproporzionata, e sproporzionatamente negativa, da parte di media, politici e manager di Stato. Sono luoghi noti, sia a chi vive al loro interno sia a coloro che ne vivono fuori, come «zone senza legge», «residenze problematiche», ‘no-go zone’, o territori della deprivazione e dell’abbandono, sono i «quartieri selvaggi» della città,
da temere e da cui fuggire o tenersi alla larga, perché sono focolai di violenza, vizio e dissoluzione sociale – o almeno tale è la loro reputazione, ma in queste cose la percezione contribuisce grandemente a fabbricare la realtà. A causa dell’alone di pericolo e timore che li circonda e al disprezzo che investe i loro abitanti, un mix variegato di famiglie senza mezzi, di minoranze disonorate e di immigrati indesiderati, essi sono in genere rappresentati dall’alto e da lontano, con toni cupi e monocromi. E in essi la vita sociale appare quindi come ovunque la stessa: sterile, caotica e brutale. Rompendo con la retorica esotizzante del discorso mediatico e con le approssimazioni semi-accademiche della ricerca tradizionale, questo libro porta il lettore all’interno dei territori della relegazione in due paesi avanzati – vale a dire, il ghetto nero degli Stati Uniti e la banlieue operaia francese – per dimostrare che le cose non stanno così: la marginalità urbana non è ovunque intessuta della stessa stoffa, e tutto considerato questo non deve certo sorprendere. I meccanismi generici che la producono, così come le forme specifiche che assume, diventano perfettamente comprensibili, una volta che si abbia la prudenza di incorporarli nella matrice storica della classe, dello stato e dello spazio caratteristici di ogni società in una determinata epoca. Ne consegue che dobbiamo lavorare per sviluppare immagini più complesse e più differenziate dei ‘reietti della città’ se vogliamo cogliere correttamente la loro situazione sociale e chiarire il loro destino
collettivo in diversi contesti nazionali

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