Psicopolitica Il neoliberalismo e le nuove tecniche del potere (Byung-Chul Han)

Vai alla descrizione

Un’infinita possibilità di connessione e di informazione ci rende veramente soggetti liberi? Partendo da questo interrogativo, Han tratteggia la nuova società del controllo psicopolitico, che non si impone con divieti e non ci obbliga al silenzio: ci invita invece di continuo a comunicare, a condividere, a esprimere opinioni e desideri, a raccontare la nostra vita. Ci seduce con un volto amichevole, mappa la nostra psiche e la quantifica attraverso i big data, ci stimola all’uso di dispositivi di automonitoraggio. Nel panottico digitale del nuovo millennio – con internet e gli smartphone – non si viene torturati, ma twittati o postati: il soggetto e la sua psiche diventano produttori di masse di dati personali che sono costantemente monetizzati e commercializzati. In questo suo saggio, Han pone l’attenzione sul cambio di paradigma che stiamo vivendo, mostrando come la libertà oggi vada incontro a una fatale dialettica che la porta a rovesciarsi in costrizione: per ridefinirla è necessario diventare eretici, rivolgersi alla libera scelta, alla non conformità.

La libertà sarà stata un episodio. Il termine episodio significa “parte intermedia”: il sentimento della libertà si manifesta nel passaggio da una forma di vita all’altra, fino a che anche quest’ultima non si rivela una forma di costrizione. Cosí, alla liberazione segue una nuova sottomissione: è questo il destino del soggetto, il cui significato letterale è “essere sottomesso”. Oggi, non ci riteniamo soggetti sottomessi, ma progetti liberi, che delineano e reinventano se stessi in modo sempre nuovo. Il conseguente passaggio dal soggetto al progetto è accompagnato dal sentimento della libertà: ormai, il progetto stesso si rivela non tanto una figura della costrizione, ma piuttosto una forma ancora piú efficace di soggettivazione e di sottomissione. L’io come progetto, che crede di essersi liberato da obblighi esterni e costrizioni imposte da altri, si sottomette ora a obblighi interiori e a costrizioni autoimposte, forzandosi alla prestazione e all’ottimizzazione. Viviamo una fase storica particolare, in cui la stessa libertà genera costrizioni. La libertà di potere (Können) produce persino piú vincoli del dovere (Sollen) disciplinare, che esprime obblighi e divieti. Il dovere ha un limite: il potere, invece, non ne ha. Perciò, la costrizione che deriva dal potere è illimitata e con ciò ci ritroviamo in una situazione paradossale. La libertà è, nei fatti, l’antagonista della costrizione, essere liberi significa essere liberi da costrizioni. Al momento, questa libertà – che dovrebbe essere il contrario della costrizione – genera essa stessa costrizioni. Disturbi psichici come depressione e burnout sono espressione di una profonda crisi della libertà: sono indicatori patologici del fatto che spesso oggi essa si rovescia in costrizione. Il soggetto di prestazione, che si crede libero, è in realtà un servo: è un servo assoluto nella misura in cui sfrutta se stesso senza un padrone. Nessun padrone lo fronteggia e lo costringe a lavorare. Il soggetto assolutizza la nuda vita e lavora. Nuda vita e lavoro sono le due facce di una stessa medaglia: la salute rappresenta l’ideale della nuda vita. A questo servo neoliberale è estranea la sovranità, o meglio la libertà di quel padrone che, secondo la dialettica servo-padrone di Hegel, non lavora e gode solamente. Tale sovranità del padrone consiste nell’elevarsi al di sopradella nuda vita e, di conseguenza, nel farsi carico persino della morte. Questo eccesso, questa forma di vita e di godimento eccessivo è estranea al servo che lavora preoccupandosi della nuda vita. Al contrario di quanto afferma l’assunto hegeliano, il lavoro non lo rende libero: egli resta comunque servo del lavoro. Il servo hegeliano costringe anche il padrone a lavorare: la dialettica servo-padrone di Hegel porta alla totalizzazione del lavoro. Come imprenditore di se stesso, il soggetto neoliberale è incapace di rapportarsi agli altri in modo libero da costrizioni. Tra imprenditori non si stabilisce alcuna amicizia disinteressata: eppure, essere-liberi originariamente significa essere tra amici. Nell’indogermanico, libertà (Freiheit) e amico (Freund) hanno la stessa radice: la libertà è essenzialmente un termine di relazione. Ci si sente davvero liberi soltanto in una relazione soddisfacente, in un felice essere-insieme all’altro. L’isolamento totale a cui conduce il regime neoliberale non ci rende davvero liberi: cosí, si pone oggi la domanda se – per sfuggire alla fatale dialettica della libertà che la porta a rovesciarsi in costrizione – essa non vada ridefinita e reinventata. Il neoliberalismo è un sistema molto efficace nello sfruttare la libertà, intelligente perfino: viene sfruttato tutto ciò che rientra nelle pratiche e nelle forme espressive della libertà, come l’emozione, il gioco e la comunicazione. Sfruttare qualcuno contro la sua volontà non è efficace: nel caso dello sfruttamento da parte di altri il rendimento è assai basso. Soltanto lo sfruttamento della libertà raggiunge il massimo rendimento.

 

 

 

 

Byung-Chul Han, nato a Seul, è docente di Filosofia e Studi culturali alla Universität der Künste di Berlino. Autore di saggi sulla globalizzazione e l’ipercultura, per nottetempo ha pubblicato La società della stanchezza (2012), Eros in agonia (2013), La società della trasparenza (2014) e Nello sciame (2015).

 

 

 

Richiedi un colloquio

Chiamaci al

349 863 20 76

oppure

Richiedi informazioni