
- Articoli di Psicologia clinica
- da interattivamente
- 18 Febbraio 2020
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Maternalità, paternalità, genitorialità e gravidanza
La decisione di avere un figlio dà sempre l’impressione di un progresso compiuto dalla coppia, che, superata la prova della convivenza, della stabilità dell’unione, si accinge ad affrontare una seconda prova: avere un bambino.
Il desiderio di avere un figlio
Il desiderio di avere un figlio è un appuntamento evolutivo che porta l’uomo e la donna – nella loro individualità – ad interrogarsi sul divenire genitori; e, come ogni appuntamento evolutivo, è carico di significati psicologici ed evolutivi necessari alla crescita di ognuno.
Il desiderio «individuale» porta al riconoscimento di un «desiderio-di-coppia» che permette di individuare il terreno comune a maternità e paternità per poter giungere al concetto più esaustivo di genitorialità.
Il bambino immaginario
Il desiderio di un bambino (il bambino immaginario) è il fantasma più radicato fin dalla primissima infanzia sia nella bambina che nel bambino. E’ questo «bambino interno» che permetterà all’uomo e alla donna adulti di diventare genitori, dopo un percorso evolutivo che vede la procreatività immaginaria e fantastica come precorritrice di quella sessuale. Infatti, le fantasie e l’immaginazione dei genitori, prima e dopo la nascita, sono indispensabili per la crescita del bambino e protettive per lui come una culla.
Il desiderio di maternità e quello di paternità
Il desiderio di maternità e quello di paternità partono, dunque, da una base comune e si sviluppano in modo differente e complementare fino a fondersi nel concetto di genitorialità. Parlare di genitorialità e di desiderio di genitorialità (anziché di desiderio di maternità e di paternità) non rappresenta una sottigliezza semantica, bensì la possibilità di muoversi in un contesto più ampio, dinamico e completo che considera la differenza uomo/donna come fonte di arricchimento e sviluppo, considerando che apprendere il senso della propria parzialità sessuata e il rispetto di una soggettività diversa, non può che produrre un’umanità più ricca.
La genitorialità è molto più della distinta e a volte contrapposta funzione materna e paterna, in quanto presuppone una reale capacità di amore, di un amore oblativo, aperto all’altro, all’alterità, perché un altro essere, il figlio, sia portato all’esistenza. Non vi è, dunque, una «gerarchia di valore» che vuole la funzione materna più importante di quel- la paterna, perché entrambi si ritrovano nella genitorialità: anche l’uomo è genitore e durante la gravidanza della compagna vive un momento esperienziale che gli permette di entrare a far parte del contesto madre-nascituro e di trasformarlo in un contesto familiare allargato.
Prima ancora di nascere e di essere concepito il bambino esiste nell’immaginario dei suoi genitori come progetto, desiderio o anche come timore; è una rappresentazione dove vengono a confluire elementi della storia personale e elementi della storia sociale. Un figlio, in realtà, può nascere solo quando nello spazio mentale dei suoi genitori trova un luogo in cui vivere.
Il concetto di genitorialità
Il concetto di genitorialità si è evoluto e la ricerca psicologica offre oggi una sua valutazione completa sia in termini teorici che pragmatici e psicoterapeutici: dall’ «imparare l’arte di essere genitori» (come processo dinamico che porta al prendersi cura), la genitorialità è intesa come parte fondante dell’identità di ogni persona. E’ uno processo che inizia a formarsi nell’infanzia quando a poco a poco interiorizziamo i comportamenti, i messaggi verbali e non-verbali, le aspettative, i desideri le fantasie dei nostri genitori. Riprendendo il termine di uno dei precursori di questo concetto, Berne (1971), abbiamo un «Genitore Interno» che è formato da tutte le interazioni reali e immaginarie con le figure adulte significative che si sono occupate di noi. Da questo «Genitore Interno» dipendono in gran parte i nostri giudizi su noi stessi e i modelli relazionali che usiamo per rapportarci con gli altri. Le teorie dell’attaccamento sono su questa linea. Il costrutto di Internal Working Model ridefinisce con altre parole lo stesso concetto: le esperienze reali con le figure di attaccamento vengono interiorizzate in modelli mentali. Il termine genitorialità, quindi, non coinvolge l’essere genitori reali, ma è un processo psicologico autonomo che fa parte dello sviluppo di ogni persona. Ovviamente, l’evento reale della nascita di un figlio attiva in un modo particolare e molto intenso questo spazio mentale e relazionale, rimettendo in circolo tutta una serie di pensieri e fantasie legati in particolare al proprio essere stati figli, alle modalità relazionali ritenute più idonee, ai modelli comportamentali da avere.
Funzioni della genitorialità
Un modo per capire la complessità e la vastità di ciò che definiamo genitorialità è analizzare le sue funzioni, o meglio i suoi modi di esprimersi. Possiamo così distinguere in modo semplicistico e sintetico una funzione protettiva, affettiva, regolativa, normativa, predittiva, rappresentativa, significante, fantasmatica, proiettiva, differenziale, triadica, transgenerazionale (Bowlby, 1982; Brazelton & Greenspan, 2001; Erikson, 1966; Fava Vizziello, 2003; Fivaz-Depeur- singe & Carboz-Warnery, 2000; Manzano, Palacio Espansa & Zilkha, 2001; Stern, 1987; Stern, 1995). La genitorialità presuppone un insieme di funzioni dinamiche e relazionali che rappresentano gli aspetti evolutivi del percorso maturativo della persona. «Prendersi cura di» e quindi maturare il desiderio generativo è uno degli stadi della crescita umana. Esso non presuppone la nascita di un figlio reale ma è uno spazio mentale e soprattutto relazionale dentro il quale convergono la mia storia affettiva, il mio mondo degli affetti, i miei legami di attaccamento, il mio mondo fantasmatico, il mio narcisismo, il senso che ha per me la mia esistenza, il mio sentirmi parte di una storia, la mia differenziazione sessuale, la mia capacità di vivere relazioni pluri-dinamiche (e di non essere chiuso in una relazione duale), il mio rapporto con le regole e il sociale, la mia capacità di contenere e regolare i miei stati emotivi, la mia capacità di cambiare e di essere cambiato, il mio sentirmi unico e irripetibile, autonomo ed indipendente e nello stesso tempo bisognoso di essere pensato da qualcuno. La genitorialità è un processo che si compone di diverse funzioni e che una persona attiva in modi differenziati nei diversi momenti dello sviluppo dei propri figli o della propria vita. Le funzioni principali della genitorialità sono quelle di: riconoscimento di un proprio bisogno di avere qualcuno da accudire, saper riconoscere i segnali di bisogno dell’altro e la capacita di proiettare anche i propri vissuti nel figlio in mancanza di segnali con il rischio di sbagliare, avere la competenza di capire che cosa c’e mente dell’altro, la futurizzazione, la distinzione tra fantasia e realtà, la capacità di attaccarsi, di stabilire una vicinanza ed una relazione, quindi di farsi proteggere e di proteggere cogliere lo stato della mente dell’altro, il cogliere la soggettività dell’altro, il rendersi conto del cambiamento dell’altro, la sfida dell’accettazione del diverso (www.genitorialita.it).
Dal processo di maternità a quello di maternalità
E’ durante la gravidanza che avvengono molti cambiamenti dovuti al processo di maternità e a quello di maternalità. Il primo termine definisce i cambiamenti biologici della gravidanza, mentre il secondo termine (un neologismo) definisce l’elaborazione mentale di questi cambiamenti, che la donna integra tra i processi evolutivi della propria personalità. La maternalità, dunque, è un processo fondamentale, che permette di non trascurare la preparazione psicologica a un evento tanto importante.
Dal processo di paternità a quello di paternalità
Allo stesso modo, il padre in attesa si trova a vivere cambiamenti che non riguardano solo l’ambito sociale (essere padre), ma anche quello intrapsichico (sentirsi padre). Il «sentirsi padre» si riferisce alla percezione emotiva della paternità: è la facoltà di costruirsi un’immagine di sé come padre, del nuovo essere come figlio e del bambino futuro (Del Lungo, Pontalti, 1986); è, dunque, il risultato di un processo evolutivo impegnativo che, essendo parallelo alla maternalità femminile, può essere definito «paternalità». In questo senso, possiamo cogliere un sostanziale parallelismo tra il vissuto di maternalità e quello di paternalità in relazione alla storia personale passata; tuttavia, la mancanza di «contatto diretto» rende la paternalità un processo lento, che cresce insieme con il figlio (Vegetti Finzi, 1992), seguendo una linea che non è diritta, ma «sinusoidale», determinata dalla continua necessità di rapidi adattamenti della realtà interna a quella esterna (Di Cagno e.a, 1993).
Più semplicemente: maternalità più paternalità uguale genitorialità
Maternalità e paternalità, in senso fenomenologico, sono due processi dinamici ed evolutivi che trovano la loro espressione nella genitorialità; sono due processi che si manifestano in modo oggettivo, attraverso la relazione fisica con il bambino, e in modo fantasmatico, attraverso la relazione rappresentazionale con il bambino. Nella relazione genitoriale con il figlio si costruiscono legami e contatti bidirezionali che solamente nello scambio maternalità e paternalità si esprimono in genitorialità.