
- Articoli Psicoterapia
- da interattivamente
- 2 Marzo 2023
- 0
Perché si sta in coppia?
Sono molti anni che mi occupo di terapia di coppia e ad un certo momento del percorso rivolgo alle persone che entrano nel mio studio la seguente immancabile domanda: “perché si sta in coppia?”
Questa domanda la pongo in quanto la ragione principale per cui si cerca un percorso di coppia è l’implicita convinzione che a cambiare debba essere l’Altro, con la conseguente mancanza di disponibilità a rendersi conto che ogni relazione umana è costruita insieme, esattamente con una co-resonsabilità composta al 50% di quanto le persone ci mettono per far funzionare le cose o per non farle funzionare.
Quando non sono totalmente spiazzate, o “cadono dal pero”, le persone danno risposte generiche, approssimative e vaghe. Non hanno la ben che minima idea di come replicare. In buona sostanza, ogni argomentazione sottende sempre un a sorta di “perché è così che si fa”, palesando quanto diamo per scontato ciò che nella realtà non lo è affatto.
Non ci sono molte differenze tra coppie omosessuali o eterosessuali. La sottaciuta verità è che si sta in coppia perché la coppia è il modo in cui gli esseri umani cercano di trovare conferma alla loro amabilità, al fatto di poter essere amati. E, cimentandosi in questo tentativo, esercitano le loro doti di funamboli, esercitandosi nell’arte, tutta umana, dell’inganno e dell’auto-inganno.
Cesare Pavese, scrittore e poeta, in una sua famosa poesia, Lavorare stanca, scrisse questi pochi ma lapidari versi:
“[…] Bisogna fermare una donna
e parlarle e deciderla a vivere insieme.
Altrimenti, uno parla da solo. È per questo che a volte
c’è lo sbronzo notturno che attacca discorsi
e racconta i progetti di tutta la vita”.
Ovviamente, ciò si potrebbe dire anche per le donne, o per un uomo che ama un uomo, o per una donna che ama una donna … La condizione umana, infatti, è universale non conosce etnia, orientamento o genere, sebbene poi, gli esseri umani, facciano di tutto per inventarsi nuove sciocchezze spacciandole per progressismo. In altre parole, tutti fanno la stessa cosa, cercano nella coppia, nello stare insieme, la soluzione al medesimo dilemma: cercare una certezza rispetto al sentirsi amati, rispetto alla propria amabilità. E lo fanno tutti allo stesso modo, cioè attraverso una qualche forma di potere nei riguardi dell’Altro, rivestendolo dei propri bisogni, aspettative, incertezze e dubbi.
Sempre Cesare Pavese scriveva: “Tu sarai amato, il giorno in cui potrai mostrare la tua debolezza, senza che l’altro se ne serva per affermare la sua forza”. E qui nasce il vero dilemma … Cerchiamo amore senza essere capaci di darlo, questo amore.
La coppia, lo stare insieme, è tutto tranne ciò che è: un esercizio di amore, continuo perpetuo, costante. Un esercizio di umanità, dove l’atro possa trovare dimora, dove l’altro possa, finalmente, sentirsi a casa. “La tua casa non è dove sei nato. Casa è dove cessano tutti i tuoi tentativi di fuga, recitava Nagib Mahfuz, uno scrittore arabo. Saper far questo, cioè amare, è la cosa più difficile che un essere umano possa fare, così prigioniero della sua pavida, fragile, meschina umanità (lo siamo tutti, anche lo scrivente, sebbene ci illudiamo di essere molto di più). Ogni essere umano, e qui sta il paradosso, cerca ciò che non conosce e che purtroppo mai ha conosciuto o conoscerà: l’amore.
Questa nostra ignoranza non dipende tanto dalla nostra incapacità, quanto, al contrario, dal fatto che amare non sembra essere considerato nelle nostre società e culture un fatto decisivo per un essere umano. Nelle società cosidette democratiche resta più o meno una vaga petizione di principio, favorendo l’educazione sessuale, al genere, all’inclusività e altre amenità di una ipocrisia abissale. In quelle religiose, l’amore assume la connotazione di un atto normativo e prescrittivo, mai gratuito, come dovrebbe essere.
Ecco quindi perché stare in coppia: per scoprire di essere capaci d’amare, per essere in grado di fare esercizio di amore, la sola possibilità che ci mette nella condizione di poterci chiamare umani.