Riflessioni epistemologiche


“…scienza ed epistemologia nella prassi sono inscindibili: non si può fare scienza senza epistemologia e non si può fare epistemologia senza scienza”

– G. Gava – (Professore di Filosofia della scienza, Università di Padova)

 

Generalmente la riflessione epistemologica sulla psicologia e la medicina non è accolta con particolare entusiasmo da parte degli psicologi e dei medici: anzi. L’atteggiamento che solitamente viene manifestato sia da chi fa ricerca, sia da chi al contrario applica operativamente i risultati ottenuti dalla ricerca stessa, è spesso quello della diffidenza, se non del fastidio o, peggio, del disinteresse. Un tale disagio può in linea di massima avere una sua giustificazione quando ad occuparsi dei problemi epistemologici della psicologia e della medicina sono dei non-psicologi o dei non-medici (ed in genere dei non scienziati “specializzati” ad insegnare agli scienziati il loro mestiere). Così come è comprensibile il timore che la concretezza, il rigore e la forza dimostrativa della ricerca empirica vengano compromessi da una teorizzazione epistemologica dietro alla quale si vede rispuntare il volto dell’astratta speculazione filosofica. Tali paure, tali resistenze, sono però meno giustificate e meno facili a capirsi se i problemi metodologici, in gran parte sconosciuti al pensiero scientifico classico, vengono affrontati dall’interno, cioè dagli psicologi e dai medici stessi. E questo come esigenza e necessità del bisogno di fare chiarezza sulla natura e sul significato dei propri strumenti concettuali, dei propri fini e dei propri procedimenti. Tanto da far diventare la riflessione sull’epistemologia della psicologia e della medicina, non un’esercitazione meramente speculativa, estranea alla ricerca e alla prassi applicativa, bensì una forma di riflessione concreta che parte dalla ricerca e dall’ambito applicativo, restando ad essi legata e funzionale. Ciò la renderebbe, inoltre, parte costituente e necessaria alla costruzione della specificità della propria identità professionale. Necessità che oltre tutto si impone proprio in ragione della particolare classe di fenomeni di cui la psicologia e la medicina si interessano, che non ci permette nessun tipo di separazione tra momento teorico e momento applicativo.

“Nella storia naturale dell’essere umano”, scrive Gregory Bateson, “l’ontologia e l’epistemologia non possono essere separate; le sue convinzioni (di solito inconsapevoli) sul mondo che lo circonda determineranno il suo modo di vederlo e di agirvi, e questo suo modo di sentire e di agire determinerà le sue convinzioni sulla natura del mondo. L’uomo vivente è quindi imprigionato in una trama di premesse epistemologiche ed ontologiche che, a prescindere dalla loro verità e falsità ultima, assumono per lui carattere di parziale autoconvalida”.

 

 

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