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- 2 Settembre 2011
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Una psicologia dello sport o una psicologia dell’uomo che fa sport?
Marco Inghilleri
(psicologo-psicoterapeuta-sessuologo)
Già psicologo dello sport presso la PadovaRing e Tecnico F.I.P.
E’ difficile trovare una definizione soddisfacente del termine psicologia, così come è altrettanto difficile definire lo sport. Quando la parola sport è usata insieme al termine psicologia, essa comprende tanto l’educazione fisica quanto tutte le attività motorie, oltre naturalmente alle attività sportive propriamente dette. Tuttavia, anche in questo caso, secondo il punto di vista dei diversi specialisti, le definizioni si moltiplicano.
Nonostante queste difficoltà terminologiche, la psicologia e lo sport hanno dimostrato uno stato di “salute” ed una vitalità superiori rispetto alle diatribe di quanti si sono sforzati per sistematizzarli, in qualche modo, entro i limiti circoscritti dei significati. Personalmente, ritengo che la psicologia, come già ripetuto in altre sedi, abbia tutto il diritto di essere considerata una scienza, a patto che non si pretenda di farle ricalcare le rigide strutture naturalistiche di altre scienze. E’ una scienza che purtroppo subisce la vastità semplicemente infinita del suo campo di studi, in difficile equilibrio per la sua costante crisi di sviluppo e maturità, disturbata dai conflitti, soprattutto interni, fra scuole e teorie.
La psicologia non è una disciplina, bensì una classe di discipline, le cui diversità e differenze non dipendono solo nell’oggetto, nei fenomeni indagati e nei metodi, ma anche nell’approccio e nella rilevanza delle teorie. Ad un livello pratico attualmente sarebbe assai problematico pretendere di conoscere l’intera psicologia. Molto più promettente e plausibile è invece un approdo ad un campo circoscritto di fenomeni. Trascorso il periodo delle grandi teorizzazioni, non tanto per sfiducia quanto per l’adozione di criteri di maggiore rigore scientifico, oggi gli psicologi hanno ciascuno fini diversi e mirano a risolvere problemi diversi in modi anche molto differenti tra loro. Siamo cioè nell’era della psicologia applicata.
Lo studio psicologico di un settore più o meno limitato dell’agire umano non significa sminuire la portata della psicologia, piuttosto implica applicarla con competenza e serietà, e quindi contribuire ad un suo ulteriore sviluppo.
Definizione: la psicologia dello sport
La psicologia dello sport è una vasta corrente di pensiero dove confluiscono diverse dottrine (biologia, medicina, psicologia, pedagogia, sociologia, antropologia, igiene, educazione fisica, riabilitazione, ecc..) ed è pertanto un argomento di competenza multi-disciplinare aperto al contributo che ciascuno può portare sulla base della propria preparazione specifica.
Gli obiettivi di una disciplina scientifica possono essere diversi se la si considera o dal punto dal versante teorico o da quello applicativo. A tale differenza sembra sottrarsi la psicologia dello sport in quanto si è sviluppata non certamente per colmare un vuoto teorico nell’ambito della psicologia, quanto piuttosto si è forgiata in funzione di una domanda, che ha alimentato e canalizzato all’origine gli interventi e gli interessi di isolati ricercatori e professionisti.
Settori operativi
Da quando la psicologia si è interessata allo sport, ad essa è stato chiesto molto. Talvolta la domanda nemmeno troppo implicita del suo mandato istituzionale, chiede di trasformare un uomo in campione, di temprare un atleta, di escogitare formule magiche. In realtà, lo psicologo sportivo non aiuta a fabbricare campioni, alla stessa maniera in cui il teologo non aiuta a diventare santi, o il filosofo saggi.
La psicologia articola il suo intervento nello sport attraverso quattro settori: la ricerca, l’applicazione, la didattica, la diffusione.
La ricerca
La vitalità di una disciplina si genera dalla sua capacità di sviluppare ulteriormente il patrimonio di conoscenze che le sono proprie o che direttamente o indirettamente finiscono per cadere sotto la sua giurisdizione. In tal senso la psicologia dello sport ha aperto un vastissimo territorio di ricerca, continuamente testimoniato dall’elevata produzione scientifica e dai numerosi problemi teorico pratici di cui viene investita.
Il “motor learning”, con tutti i temi di natura neuropsicologica e psicologica ad esso collegati, costituisce un grosso settore di ricerca. Il problema dell’apprendimento motorio e dell’abilità motoria ed i connessi problemi pedagogici, psicologici (come la percezione, i patterns motori, lo schema corporeo, il mental training, l’attenzione, la lateralità, le facilitazioni esecutive, l’influenza del movimento su determinate componenti dell’intelligenza, ecc..), rappresentano un notevole impegno teorico e pratico che porta alla psicologia generale un grande contributo.
Altri studi di rilievo sono quelli sulla psicomotricità e particolarmente importanti sono anche quelli riguardanti i processi di costruzione identitaria dell’atleta, la personalità e la motivazione.
L’applicazione
Tale applicazione consiste in tre momenti:
- Valutazione
Preparazione
Terapia
Valutazione
Una valutazione psicodiagnostica dell’atleta sarebbe consigliabile essenzialmente per delle finalità clinico-profilattiche, cioè allo scopo di mettere eventualmente in evidenza possibili segni delle più comuni sindromi psicopatologiche (specifiche ed aspecifiche) da sport.
PreparazioneLo psicologo dello sport ha un ruolo fondamentale nella preparazione dell’atleta, specie se ad alto livello. L’acquisizione della massima efficienza fisica (skill) segue strade parallele a quelle percorse dal bambino nella progressiva conquista della motilità e della destrezza. Pertanto, risultano essere di particolare importanza gli studi sulle attività motorie sia dei bambini (compresi i disabili) che degli atleti, comprese tutte le ricerche basate sull’applicazione di tecniche psicomotorie. Questi, sono studi capaci di fornire giusti suggerimenti agli allenatori e di perfezionare la prestazione dell’atleta. Tuttavia, ciò è solo una piccola parte di ciò che lo psicologo può e deve fare in favore dell’atleta. Il pericolo maggiore che incombe sull’atleta, che lo psicologo e chiamato a contrastare, è l’ansia in tutte le sue forme (dall’ansia preagonistica, alla paura del successo). L’ansia è un sentimento che riduce le possibilità atletiche quando addirittura non le annulla, un disturbo che si alimenta da solo e che contagia i compagni e l’allenatore. Il “blocco emotivo” ha sempre una storia. Le sue motivazioni vanno sempre ricercate a monte della gara, nell’identità dell’atleta, nei modi in cui vive il suo ruolo e nelle proprie ed altrui aspettative, nella sua storia nelle sue frustrazioni, nelle difficoltà di relazione con gli altri, nei suoi problemi economici, familiari, sentimentali, spirituali ecc..La psiche è come un cristallo che, se percosso, si sfalda lungo incrinature già esistenti. L’incontro con una situazione sportiva ansiogena può diventare davvero disfunzionale in quanto oltre alle obiettive difficoltà della competizione, si somma il peso di svariati problemi personali, esistenziali, compresi quelli che sembravano risolti ma erano solo accantonati o sopiti.
Preparazione
In fase di preparazione lo psicologo deve stabilire con l’atleta un corretto rapporto empatico, cioè offrire una continua disponibilità per affrontare ogni problema in un discorso aperto, ricco di chiarimenti. Come il tecnico si preoccupa di correggere l’errata impostazione di un arto, così lo psicologo deve provvedere a perfezionare l’equilibrio dell’identità dell’atleta. Si tratta di un lavoro così delicato e specialistico che solo uno psicologo qualificato è in grado di compierlo.Una preparazione psicologica ben condotta, ovviamente non garantisce il successo, ma solo l’eliminazione di uno dei tanti fattori che possono impedirlo. Facendo un paragone medico, si può affermare che nessuno sostiene che le vitamine o le diete facciano vincere, ma tutti sanno che un atleta denutrito o indebolito non potrà rendere al massimo delle sue possibilità.Quando l’impegno dello psicologo, nei casi in cui lo richiedono, diventa più massiccio, la preparazione diventa terapia, senza un’evidente soluzione di continuità fra queste due forme di applicazione pratica della psicologia sportiva.
Terapia
La terapia può essere di tre tipi: suggestiva, farmacologica, psicoterapeutica. Tipi di terapia suggestiva sono ad esempio il training autogeno e l’ipnosi (per quanto discussa) ed altre tecniche simili o derivate, che agiscono a livello superficiale mirando a distaccare momentaneamente l’atleta dalla tensione emotiva.Terapie farmacologiche sono utilizzabili naturalmente escludendo le sostanze doping, ma sotto accurato controllo medico: gli psicofarmaci sono infatti uno strumento della moderna farmacoterapia e differiscono tra loro con una vasta gamma di sfumature, possono avere una loro utilità, mai risolutiva, solo se somministrati da chi ne ha una profonda conoscenza.Le psicoterapie differiscono tra loro per i metodi di intervento e per le teorie sul funzionamento mentale a cui fanno riferimento. Le psicoterapie costruttiviste, che personalmente utilizzo, mirano essenzialmente a riconfigurare i significati, impliciti o espliciti, che una persona assegna alle proprie esperienze di vita, significati proprio da cui si originano gli aspetti disfunzionali o problematici che la persona patisce e da cui viene persino ostacolata. Poiché i significati che attribuiamo al mondo costituiscono le regole per il nostro agire, è comprensibile che le modalità attraverso cui ci rappresentiamo e anticipiamo le realtà che andiamo ad incontrare possono influenzare, in positivo o in negativo, le esperienze che facciamo nella nostra vita. Non fanno eccezioni, quindi, gli eventi agonistici o le performance atletiche.
La didattica (la preparazione dell’operatore sportivo)
In base alla sempre maggiore richiesta di nozioni e di formazione psicologica fatta dal mondo sportivo, si mostra, in tutta la sua delicatezza ed importanza, la preparazione di tecnici, dirigenti, allenatori, educatori fisici, che in qualche maniera hanno la responsabilità, sul piano etico, organizzativo, sociale ed interumano del fatto sportivo. Per queste persone una formazione-sensibilizzazione alla psicologia si dimostra un requisito indispensabile, non perché essi debbano sostituirsi allo psicologo professionale, ma affinché possano conoscere quegli strumenti elementari di psicologia con cui debbono sostanziare i loro interventi sul piano organizzativo, pedagogico, sociale, evitando di commettere gravi errori.
Ora, la psicologia comprende interventi psicoterapeutici e valutativi di estrema delicatezza, che ovviamente sono riservati unicamente ai suoi cultori più qualificati, ma comprende anche un’igiene mentale, uno stile di approccio al prossimo, un pronto soccorso carico di empatia, che sono alla portata di qualunque uomo di cultura, alla sola condizione che questi acquisisca un minimo di dimestichezza con le regole fondamentali delle scienze psicologiche. Infatti, la psicologia non è diversa dalle varie branche della medicina che possono essere insegnate e praticate a vari livelli.
Una preparazione psicologica teorica e pratica è indispensabile a persone come i tecnici sportivi, il cui stile di approccio al giovane è eguale a quello di un educatore. In qualità di educatori devono essere in grado di strutturare relazioni interpersonali equilibrate, resistere all’ansia del cambiamento o dell’opposizione conflittuale con l’atleta, saper costruire un tipo di leadership democratica e creativa e, nel contempo, sapersi far carico di tutte le frustrazioni ed ansietà che il fatto sportivo talvolta comporta.
La diffusione
La diffusione non è un problema poiché la psicologia applicata allo sport, essendo una risposta ad una precisa esigenza delle società sportive, non può non diffondersi. Il suo futuro non ha ombre. Piuttosto, un problema può essere come questa moderna disciplina voglia o sappia diffondersi. E qui rinnovo l’appello alla massima serietà. La psicologia spesso coincide con il buon senso, ma è chiaro che non è solo questo.
La psicologia è una scienza che richiede cultura specifica, esperienza diretta, maturità individuale, cautela negli interventi, atteggiamento di massimo rispetto per la libertà di tutti, capacità di introspezione ed elevata sensibilità umana. La preparazione psicologica è per molti aspetti necessaria quanto quella fisica, soprattutto se si tiene conto dei seguenti motivi:
- Il pieno utilizzo delle potenzialità atletiche è subordinato alla “forma psicologica”
- La preparazione fisica ci assicura l’atleta, quella psicologica ci garantisce l’uomo.
- La pratica sportiva può rivelarsi fonte di frustrazione, mettendo in luce non solo i limiti della preparazione fisica, ma anche la personale inadeguatezza e fragilità psicologica.